Quando si parla di Segugi, in particolare tra non esperti, si tende a fare di tutta l’erba un fascio, invece non solo ogni razza ha le proprie peculiarità e ogni soggetto il proprio carattere, ma anche la selezione specifica che ne è stata fatta, per cacciare uno specifico selvatico, nonché l’ambiente in cui il cane è nato e cresciuto, ne forgiano la personalità.
Conseguentemente, quando un Segugio mostra problematiche di ambientamento alla vita in famiglia o di relazione con i proprietari, bisogna aver ben chiaro che l’origine può essere complessa e di non rapida, né scontata, soluzione.
Vorrei soffermarmi, qui, su una categoria precisa: Segugi italiani o incroci per la caccia alla lepre, che vengono adottati da adulti, da persone che non cacciano. Cani che alle spalle hanno più o meno radicate esperienze di caccia, vita di branco, gestioni poco oculate, passaggi presso rifugi o stalli ed infine, singolarmente, presso famiglie.
È evidente che essere sballottati da una realtà ad un’altra è dannoso per l’equilibrio di qualsiasi cane, lo è a maggior ragione per un cane da lavoro che si trova a non lavorare più, cioè al quale viene improvvisamente tolta l’unica certezza che aveva nella vita, spesso assieme a quella del branco; ciò vale in particolar modo per il Segugio Italiano (o suoi incroci) a causa della sua spiccata e particolare sensibilità e ad una selezione molto spinta sulla morfologia e sul lavoro che lo rendono poco malleabile. Sensibilità estrema e scarsa malleabilità creano un mix piuttosto ostico nel momento in cui si cerca di intervenire per risolvere le problematiche caratteriali che alcuni di questi cani si portano dietro.
Come si comportano questi Segugi quando perdono i loro punti di riferimento (attività venatoria, vita di branco in box) e si trovano in situazioni del tutto nuove? Si chiudono, in un certo senso “congelano” se stessi, non si mostrano per quello che sono e non concedono niente a chi, in buona fede e con amore, vorrebbe relazionarsi con loro. Questa chiusura può avere la forma della paura o la forma della ribellione (fughe) oppure si esprime in una caccia spasmodica verso tutto ciò che si muove (con notevoli difficoltà di fare una passeggiata al guinzaglio, per esempio), a seconda delle esperienze vissute, o non vissute, dal cane precedentemente. In ogni caso, le difficoltà sono tante.
Il lavoro che deve fare il proprietario in questi casi è molto impegnativo poiché richiede uno sforzo di comprensione non indifferente e il sapersi mettere in discussione nell’approccio verso l’animale. Solamente se e quando il proprietario riuscirà a compiere questi passaggi (e non è scontato che ci riesca), il Segugio dopo una lunga fase di osservazione e valutazione, inizierà a concedere qualcosa di sé.
La comprensione include l’avvicinamento all’indole del Segugio e la condivisione di momenti in ambienti naturali (possibilmente sicuri) in cui questo si sente a suo agio; la messa in discussione comporta la consapevolezza di dover andare incontro al cane secondo modalità meno standardizzate e di accettare di essere sotto osservazione o anche temporaneamente rifiutati. Tutti i proprietari (non cacciatori) con cui ho lavorato sinora hanno riferito di questa capacità del Segugio di scardinare le loro certezze e di saperli mettere in difficoltà. Cosa occorre mettere in conto all’origine del percorso? Pochi elementi, tutti egualmente importanti. Benevolenza e pazienza devono convivere di fronte a qualunque comportamento del cane; sincerità, essere sinceri con se stessi sarà riconosciuto e metterà un tassello a vostro favore (se si fingono benevolenza e disponibilità nascondendo irritazione o rassegnazione, il Segugio lo percepirà facilmente e non farà un solo passo avanti); tempo, tanto tempo insieme: non importa se sembra che non conduca a niente, al Segugio serve per osservare e soppesare. Volontà, la volontà di capire l’animale Segugio a costo di impiegarci mesi, se non di più, con un impegno quotidiano e costante. Simpatia e leggerezza, la capacità di sdrammatizzare le situazioni non può che agevolare l’approccio ad un cane che non si concede, al contrario di atteggiamenti compassionevoli o pessimisti.
Sono cani selezionati e usati esclusivamente per cacciare, non deve quindi sorprendere se un Segugio si trova molto più a suo agio vivendo in box e cacciando, anziché vivendo su un divano senza cacciare. L’intesa tra Segugio ed essere umano si crea nell’ambito dell’attività venatoria e/o addestrativa, tutto il resto viene dopo. Il Segugio è un animale rustico e pretende che si vada verso di lui, che si entri nel suo mondo, ci spinge ad uscire dai nostri schemi (quelli di una società moderna distante dalla ruralità) per entrare nei suoi.